LA MEMORIA E L'OBLIO
Questo paragrafo tratta del timore dell'oblio e racconta il suo riscatto, identificandolo come il compagno complementare e necessario della memoria.
La memoria si definisce per contrasto all’oblio. Essi intrattengono lo stesso rapporto che intercorre tra la vita e la morte: un rapporto di complicità per cui noi possiamo identificare i nostri ricordi, riconoscendo la loro presenza che è complementare all’assenza di altri, erosi ormai dall’oblio. Esso infatti non è entità passiva, è invece come sostiene Marc Augè “la forza vitale della memoria, e il ricordo ne è il risultato”
(Augè, 2000, pag. 34); abbiamo il compito di riconoscere che l’erosione dell’oblio è necessaria, poichè è salutare anche saper dimenticare, un’operazione più complicata della sua inversa.
La
memoria allora, è un’operazione di selezione, essa affiora dall’oblio della dimenticanza, a seconda delle circostanze in cui ci troviamo, definite da incontri, relazioni e istanze della vita. È un processo comune di dissolvimento in cui entrambi, memoria e oblio, fanno la loro parte. I ricordi sono dunque ciò che resta dopo questa operazione congiunta, sono le tracce di esperienze passate che hanno impresso la memoria attraverso le sensazioni e le emozioni che hanno colpito i nostri sensi.
Seguendo questo ragionamento, l’importanza di ricordare si affianca a quella della dimenticanza, è quello che Natoli chiama “saper dimenticare”
(Natoli, Testo del quarto convegno “Narrazione e terapia”), e che significa distaccarsi dal passato, prendendo distanza da eventi che ci hanno segnato e che possono pesare in noi come se appartenessero al presente.
Rossi a questo proposito cita Eco che afferma come l’arte della dimenticanza sia molto più difficile dell’arte della memoria, in quanto “tutti i segni producono presenze e non assenze”
(Rossi, 2001, pag. 232), e quindi ci sarebbe bisogno di uno sforzo maggiore che si contrapponga a questa tendenza.
Dimenticare allora non significa cancellare il passato ma
prendere distanza da esso attraverso la sua comprensione e accettazione, che ne attenua il potere di provocare in noi emozioni di grande portata; è quello che Demetrio ha definito il “potere della dissolvenza” che consente ai ricordi di apparire attenuati alla nostra mente dandoci la possibilità di riflessione.
L’oblio che apparentemente atterrisce l’uomo, perché legato al timore della sua scomparsa terrena, è quindi necessario all’esperienza che l’uomo fa del tempo insieme alla memoria; esso assume qui un’accezione nuova rispetto a quanto riportato in precedenza, infatti “la definizione dell’oblio come perdita del ricordo assume un significato diverso se lo si percepisce come un componente della memoria stessa”
(Augè, 2000, pag. 25), ogni racconto basato sul ricordo è allora il prodotto di un processo di composizione e di tensione tra arte della memoria e arte della dimenticanza.