UNA FIGURA UNICA NELL'ARTE CONTEMPORANEA
Il paragrafo racconta la storia dell'artista Joseph Beuys e il profondo significato autobiografico della sua opera.
Joseph Beuys più che un artista è stato un uomo. Egli non si colloca in nessuna corrente dell’arte del novecento e la sua figura è significativa perché agisce all’interno del contesto sociale e istituzionale, nell’intenzione e nel progetto di un cambiamento.
Egli è una delle personalità più complesse della storia dell'arte recente; alla base della sua attività artistica, dell'insegnamento e della sua azione politica troviamo un umanesimo che travalica l'ambito strettamente artistico, per toccare questioni di ordine sociale e antropologico.
Beuys nasce nel 1921 a Krefeld, nella Germania Occidentale, trascorrendo la sua infanzia a Kleve in una cittadina sulla riva sinistra del Basso Reno, che lo segnerà profondamente nella sua vita di uomo e di artista; si dedica agli studi e in particolare si iscrive alla facoltà di medicina, con la grande motivazione personale di operare nel senso della solidarietà sociale, ma durante la Seconda Guerra Mondiale all’età di 18 anni viene arruolato nella Luftwaffe, e il suo aereo precipita in una desolata pianura della Crimea durante una tormenta di neve. In quell’occasione viene salvato da una tribù di Tartari «Mi ricoprirono il corpo di grasso per aiutarlo a rigenerare calore, e lo avvolsero nel feltro per isolarlo e mantenerlo caldo»
(De Domizio Durini, 1991, pag. 17), questa idea della generazione di calore attraverso i materiali della natura sarà un elemento ricorrente nella sua opera. Dopo la triste esperienza della guerra egli fu tormentato dai sensi di colpa e dall’angosciante preoccupazione per il destino dell’Uomo e del genere umano, si avvicina così all’arte senza trascurare gli studi umanistici; nel 1954 inizia per Beuys un periodo di profonda crisi che lo porterà ad una riflessione su di sé come uomo e come artista e ad un rinnovamento in cui avranno luogo le sue ricerche sull’arte, sulla scienza e sulla vita.
Muore prematuramente nel gennaio 1986 a Düsseldorf, lasciando profonde
tracce di sé nelle persone che ha incontrato e in chi ora legge di lui come di un artista che “non ha inventato nessun metodo, ma ha dedicato con generosa umanità l’intera sua vita alla ricerca del miglioramento dei metodi esistenti”
(De Domizio Durini, 2001, pag. 234).